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Perché la tua azienda “animale” non può fare a meno dell’E-Commerce?
Anche quest’anno Casaleggio Associati ha pubblicato uno studio estremamente interessante sullo stato dell’E-commerce in Italia di cui ritengo la tua azienda animale ed il tuo Pet Marketing non possano assolutamente fare a meno. 77 utilissime pagine che potrai scaricare a questo link nella versione integrale ed originale di Casaleggio Associati: Rapporto E-Commerce in Italia 2019.
Ho tuttavia il fondato timore che non riuscirai a trovare il tempo necessario per beneficiare di questa importante lettura. Ho pensato dunque di fare cosa utile e sintetizzare al massimo i risultati dello studio per offrirti la possibilità di non perdere gli indicatori e le considerazioni più rilevanti affinché tu possa guidare il Pet Marketing della tua azienda nella giusta direzione.
I NUMERI DELL’E-COMMERCE NEL “BELPAESE”?
Grazie alla sua “arretratezza” rispetto ad altri paesi europei, l’e-commerce italiano è uno dei mercati con il più elevato potenziale, con una crescita inarrestabile a 2 cifre che non conosce sosta dal lontano 2004.
Come riporta lo studio di Casaleggio Associati, nel 2018 il mercato e-commerce B2C in Italia ha generato un fatturato di 41,5 miliardi di euro, crescendo complessivamente del 18% rispetto al 2017.
I consumatori online sono circa 38 milioni, ovvero il 62% della popolazione e si prevede che entro il 2023 raggiungeranno quota 41 milioni. Nonostante la crescita registrata negli ultimi 15 anni, la percentuale di popolazione che acquista online è più bassa rispetto ad altri Paesi europei come Gran Bretagna, Paesi Bassi, Germania, Francia, Spagna e Polonia.
In Italia è lo smartphone a “farla da padrone” che viene utilizzato dagli shopper online molto di più che nel resto d’Europa. L’85% della popolazione web infatti usa il mobile per fare shopping. Il 34% lo usa spesso ed il 14% sempre.
DOVE E COME VA L’E-COMMERCE IN EUROPA?
Le vendite online B2C (al dettaglio) in Europa ammontano a 313 miliardi di euro, contro i 285 dell’anno precedente, con un incremento del 9%. Iil 69% degli utenti web ha effettuato un acquisto online nel corso del 2018. 6 consumatori europei su 10 hanno utilizzato il mobile per effettuare un acquisto online.
La spesa media annuale è molto variabile da un Paese all’altro: i consumatori inglesi spendono in media 942 euro, mentre i polacchi 352 euro a persona. Lo scorso anno la Gran Bretagna ha raggiunto un valore di 76,3 miliardi di euro di fatturato e risulta essere il terzo mercato di mobile commerce al mondo, alle spalle della Cina (652,6 miliardi di euro) e degli Stati Uniti (183,2 miliardi di euro).
Anche la Germania ha evidenziato un incremento con i suoi 65,10 miliardi di euro, l’11,4% in più rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto allo sviluppo dei marketplace online.
Va alla grande la Francia con i suoi 90 miliardi di euro, di cui il 38% da mobile, ed è previsto che nel 2019 raggiunga quota 100.
La Romania è il Paese che cresce maggiormente in termini di e-commerce (+37%).
I cittadini europei effettuano sempre più acquisti fuori dalle frontiere del proprio Paese di origine. Infatti, mentre un 44% di europei effettua acquisti solo nel proprio paese, c’è un 47% che acquista anche all’estero ed un 9% che acquista esclusivamente all’estero. Si acquista prevalentemente da Cina, UK, USA e Germania.
E L’E-COMMERCE NEL MONDO?
Lo scorso anno il 40% della popolazione mondiale (2,81 miliardi di persone) ha effettuato un acquisto online e si stima che entro il 2022 gli acquirenti online raggiungeranno quota 3,20 miliardi.
Il valore del mercato e-commerce al dettaglio mondiale per il 2018 è stimato in 2.875 miliardi di dollari, il 12% in più rispetto all’anno precedente e pari all’11% del totale del valore delle vendite Retail.
La sola Cina, con un miliardo di utenti attivi, ha prodotto nel 2018 un transato di 855 miliardi di dollari, con una crescita del 19% rispetto all’anno precedente. Per il 2019 si stima una crescita e-commerce del 30,3% che andrà ad incidere fino al 35% sul totale delle vendite Retail.
Seguono gli Stati Uniti che nel 2018 hanno generato un fatturato stimato di 504 miliardi di dollari per le vendite dirette, con una crescita del 23% rispetto all’anno precedente. Per il 2019 è prevista una crescita dell’11%.
PMI ED E-COMMERCE?
Il 72% delle piccole imprese attive sull’e-commerce vende dal proprio sito, il 67% da marketplace e intermediari con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno.
Confartigianato ha effettuato una survey su un panel di 400 piccole imprese a vocazione artigianale. Il 12% delle imprese è attivo sul web e vende online, il 72% è attivo sul web ma non vende online e il 16% non pratica nessuna attività in rete.
Anche chi non vende direttamente, ma è presente in rete, gode di miglioramenti nelle performance: il 49% delle imprese infatti afferma di aver visto crescere il proprio fatturato. Inoltre vendere online abilita il 47% delle piccole imprese artigiane all’e-commerce verso l’estero.
LA PROMOZIONE DELL’E-COMMERCE: CHE FATICA!
L’attività di promozione online continua ad essere un’attività difficoltosa per il 49% delle aziende. Del resto non c’è nulla di cui stupirsi: creare campagne efficaci attraverso strumenti quali Google Adv, Facebook Advertising, fare SEO, creare campagne di mail marketing e sequenze di mail nurturing, sviluppare landing page, azioni di remarketing, richiedono competenze che non si possono assolutamente improvvisare o acquistare dal negozio di “crocchette” all’angolo della strada..
IN QUALE DIREZIONE VANNO GLI INVESTIMENTI?
Le aziende di e-commerce italiane prevedono di investire soprattutto in marketing e promozione. A seguire gli investimenti tesi a migliorare l’usabilità e la user experience del sito, l’infrastruttura tecnologica ed il Mobile. In aumento gli investimenti sulla logistica (7%) e sulla Customer Care (4%)
PERCHE’ CALANO LE VENDITE ALL’ESTERO?
Il fatturato e-commerce generato dalle aziende italiane all’estero è stato in media il 25% delle vendite complessive, il 5% in meno rispetto all’anno precedente. Le aziende e-commerce italiane che vendono all’estero sono il 56% (-9%) rispetto allo scorso anno, mentre il 44% vende solo in Italia. Questo dato registra l’ingresso sul mercato e dunque nel panel di nuovi player che hanno iniziato la loro attività partendo esclusivamente dal mercato italiano. Riguardo alle strategie messe in atto per l’ingresso sui mercati esteri: il 25% ha un sito multilingua, mentre il 13% del campione vende unicamente attraverso il sito in lingua italiana, l’8% opera con sedi o filiali all’estero e il 10% fa parte di un gruppo multinazionale.
SOCIAL O NO SOCIAL?
Il 55% delle aziende intervistate ritiene che nel 2019 aumenterà l’investimento sui social media, il 28% manterrà l’investimento costante, il 3% ridurrà l’investimento, mentre il 14% non effettuerà alcun investimento.
Le aziende e-commerce italiane continuano a ritenere che Facebook sia il social media più efficace (71%). A seguire Instagram, che mantiene il secondo posto e registra un +4%. Youtube in terza posizione con il 27%.
RECENSIONI: CHE FENOMENO!
La maggior parte delle aziende ritiene che la reputazione online dipenda principalmente, oltre che dai servizi di customer care, dal sistema di gestione delle recensioni.
Le aziende intervistate per il 52% dispongono di un sistema di recensioni interno al portale. Il 28% non ne dispone, ma vorrebbe integrarlo nel proprio e-commerce, il 12% preferisce evitare le recensioni e l’8% non ha un sistema di recensioni integrato perché ritiene che gli utenti preferiscano utilizzare piattaforme esterne e community social.
Secondo un recente studio effettuato negli USA, prima dell’acquisto negli store fisici i consumatori svolgono numerose azioni, spesso in sovrapposizione: il 39% di loro visita l’url del brand, il 36% legge recensioni dei clienti, il 33% cerca il prezzo online e il 32% cerca il brand su Amazon.
Il 36% dei consumatori dichiara di apprezzare e di fidarsi maggiormente delle aziende che mettono a disposizione informazioni e opinioni. il 72% dichiara addirittura di fidarsi delle recensioni online tanto quanto i consigli di una persona a lui vicina.
SOCIAL LISTENING: “TRA IL DIRE E IL FARE C’E’ DI MEZZO IL BUDGET”
Dallo studio di Casaleggio Associati emerge un aspetto contraddittorio. Da un lato i brand intervistati si manifestano sensibili a conoscere l’opinione espressa nei social e online sui propri prodotti, ma dall’altro tuttavia, solo poche aziende utilizzano strumenti di web e social listening capaci di sondare, anche in tempo reale, il sentiment nei confronti del proprio brand. In altre parole da un lato dichiarano importante l’opinione degli acquirenti, dall’altro le aziende non sono molto propense ad investire in attività che non abbiano un ritorno diretto sulle vendite.
Il 62% delle aziende afferma di non effettuare attività di social listening per monitorare la reputazione del brand e del proprio e-commerce. Il 48% non ha risorse da dedicare (anche perché i migliori tools in commercio sono piuttosto costosi), ma “pericolosamente” il 14% non ne vede il bisogno. Tra coloro che invece si avvalgono del web listening, il 21% dispone di figure dedicate mentre il 17% lo fa in modo saltuario, solo in situazioni di crisis management.
L’IMPORTANZA DEI VALORI AZIENDALI
I valori aziendali hanno un impatto sull’attività di vendita? Il 70% del campione intervistato ritiene di si. Il 55 % ha evidenziato come la comunicazione dei valori del brand favorisca migliori risultati di vendita. Un ulteriore 15% dichiara di utilizzare parte del budget marketing e comunicazione per posizionare tali valori più che spingere su scontistica e prodotto. Di diversa opinione il 21% delle aziende che ritiene che i valori aziendali possano influire poco sulle vendite, essendo i clienti più sensibili a tematiche di tipo commerciale.
Da una ricerca condotta in 8 Paesi su 8.000 consumatori emerge un dato estremamente rilevante: 1 consumatore su 2 sceglie, modifica o boicotta un brand in base al suo impatto sulla società. Il 61% dei consumatori europei sostiene che è più propenso a prendere in considerazione i brand e le aziende che riusciranno a fornire un impatto ambientale neutro o positivo sull’ambiente circostante. Più in generale il 73% dei consumatori pensa che un brand dovrebbe intraprendere azioni non solo per incrementare i profitti, ma anche per migliorare le condizioni sociali ed economiche del mondo in cui opera. CANtastico vero?
SERVIZIO CLIENTI E REPUTAZIONE: UNA COPPIA CHE SCODINZOLA
Secondo una ricerca Trustpilot del 2019, il 76% dei consumatori dichiara che il servizio clienti di un’azienda dimostra l’importanza che un business dà ai propri clienti e il 60% del campione si aspetta un costante miglioramento del servizio.
Oltre il 70 % delle aziende intervistate ha messo al primo posto il customer care tra le attività che migliorano la web reputation, al secondo posto (53 %) si evidenzia l’esperienza d’acquisto e il 28% la spedizione. I dati sembrano confermare che, almeno dal punto di vista delle aziende, tutto ruota attorno al prodotto e alla percezione dell’esperienza di acquisto.
LOGISTICA, SPEDIZIONI E ULTIMO MIGLIO
Il livello di soddisfazione delle aziende e-commerce italiane, rispetto ai servizi di spedizione continua a peggiorare. L’11% delle aziende ritiene il servizio insoddisfacente (lo scorso anno il dato delle aziende che avrebbe cambiato uno o più fornitori era pari al 4%), contro il 54% delle aziende che ritiene che il servizio sia migliorabile. Solo il 35% delle società è completamente soddisfatto rispetto al servizio di spedizione utilizzato e ritiene di aver raggiunto un ideale rapporto qualità/costi.
I servizi di delivery stanno registrando sempre maggior flessibilità a favore dell’utente, sebbene il 38% delle aziende intervistate non abbia ancora introdotto alcuna misura. Le altre invece hanno implementato la consegna il giorno successivo all’acquisto (25%), la consegna personalizzata per giorno e fascia oraria (24%), il Click & Collect presso i negozi del Gruppo (16%), la consegna lo stesso giorno dell’acquisto (15%), il Click & Collect presso Locker (7%), la consegna immediata (5%), Cargo-bike e/o vetture elettriche o simili e Click & Collect presso negozi appartenenti ad un circuito convenzionato (4%), nonché il reindirizzamento della spedizione (2%).
Gli italiani segnalano come preferenza (oltre il 60%) la consegna a casa in giornata. Seguono l’home delivery in mailbox e la consegna serale, la consegna a lavoro, il ritiro in un punto di distribuzione, il ritiro presso lo store fisico e il locker. Il 37% degli italiani è disposto a pagare per avere una consegna più rapida e il 59% considera importante poter cambiare la data o l’ora di consegna. Rispetto ai resi il 43% degli intervistati dichiara di aver effettuato almeno un reso durante lo scorso anno.
PAGAMENTI: NO NEWS GOOD NEWS
Le aziende di e-commerce italiane dichiarano che anche quest’anno la carta di credito rimane il mezzo di pagamento più diffuso (26%), seguita dai digital wallet (22%) e dal bonifico (21%). Di seguito il pagamento alla consegna (19%), il pagamento via mobile, che cresce considerevolmente (9%), altri (3%).
L’e-shopper italiano predilige i pagamenti tramite wallet e servizi come PayPal (53%), a seguire la carta di credito (41%), anche prepagata o virtuale (40%). Il pagamento diviene sempre più personalizzato, a misura del cliente, Segue i il pagamento alla consegna (15%), i voucher o gift card del singolo brand (10%), il bonifico (8%). Si vede anche crescere il credito al consumo, che nel 2018 aumenta del 3,9% rispetto all’anno precedente
Tra i provider di pagamento per i siti e-commerce la leadership di PayPal (che detiene il 77% del mercato italiano) viene affiancata da nuovi provider come Stripe (18%), Amazon Pay (2% ), a seguire da altri 54 operatori con percentuali inferiori.
Il cashless è uno dei temi fondamentali per i pagamenti e così “comprare alla macchinetta” diventa un pagamento digitale, grazie a soluzioni come Satispay, un’app che consente ai circa 550mila utenti di pagare in negozio tramite smartphone collegato direttamente al conto corrente.
ACQUISTI IN SOTTOSCRIZIONE: UN FENOMENO NASCENTE
Il 15% dei consumatori online degli Stati Uniti ha scelto gli acquisti a sottoscrizione nel 2017. In Gran Bretagna nel 2018 si è raggiunta quota 22% ed il numero aumenta con il diminuire dell’età, infatti il 34,1% dei consumatori tra i 25 e i 34 anni è membro di un programma a sottoscrizione.
Tra le ragioni di scelta di questo modello ci sono la comodità, la convenienza, la rapidità, la sicurezza di non rimanere mai senza merci riordinabili e da ultimo le spese di spedizione gratuite o con condizioni particolari rispetto allo standard.
In Italia sono numerosi i siti che iniziano a proporre acquisti in abbonamento. Come e quanto PETformeranno? Ne riparliamo nel 2020