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Black DOG Friday: una settimana dopo

Black Friday: un fenomeno di emulazione “a stelle e strisce” che in Italia, in particolare nel settore Pet, manca ancora di vero “mordente”.

Cosa fare allora per mettere “4 zampe motrici” alle nostre aziende “animali” e far si che il prossimo Black Friday si riveli un evento a dir poco CANtastico, ad elevata opportunità di guadagno e con una ricaduta SPETtacolare sul conto economico della nostra azienda?

Ho deciso di affrontare la questione partendo, una volta tanto, noi dai numeri, non dalle statistiche, non dai guru o dagli uomini di azienda, ma dai Pet Parents, dai consumatori e dai loro amici a 4 zampe, perché se è vero che sono loro i veri protagonisti della nostra storia e del nostro successo, quale migliore interlocutore per affrontare un tema così caldo?

In particolare mi sono confrontato con i Pet Lover di sesso maschile che sono decisamente più Black Friday Addicted delle donne (con il 64,1% delle ricerche), nel range 35-44 anni (che è la fascia di età più attiva) e residenti in Lombardia, la terza regione dove il Black Friday ha dimostrato di “abbaiare” di più (+37,6% nel 2017).

Andiamo a capire cosa non ha funzionato

Mettiamoci una zampa sopra: questo Black Dog Friday 2018 si è rivelato piuttosto nero per le aspettative del CANsumatore.

Scelta prodotti. L’assortimento dei prodotti in vendita non ha completamente esaudito i desideri dei Pet Parents. Tra i prodotti più convenienti i soliti videogames, i tablet, gli smartwatch, le scarpe da running, prufumi, cosmetici, macchine da caffé, televisori e aspirapolveri, ma scarsa la presenza di “promozioni imperdibili” dedicate ai nostri beniamini a 4 zampe, siano esse relative al petfood, al petcare o agli accessori.

Prezzi prodotti.  Altro che tagli prezzo e sconti folli: poche offerte si sono rivelate realmente “speciali” o “sbalorditive”. Addirittura taluni prodotti sono stati “offerti” ad un prezzo più alto rispetto alle condizioni standard, il che la dice lunga sullo stato di precarietà e difficoltà in cui versa il commercio, tanto on-line quanto off-line.

Disponibilità. L’aumento imprevisto della domanda ha messo “a 4 zampe” parecchi vendor, con prodotti esauriti in poche ore, anche se ancora ordinabili sui rispettivi siti. A ciò si aggiunga l’assenza di un piano di emergenza e l’impossibilità di riapprovvigionare le scorte in tempi brevi, con ovvie ripercussioni sul processo di reso e rimborso, per non parlare della delusione del cliente finale.

Tempi di consegna. Corrieri sovraccarichi di lavoro, con un livello di servizio ancor più basso rispetto alle già precarie condizioni ordinarie, consegne “in alto mare” e – ancora una volta – assenza di misure speciali per gestire lo stato di emergenza.

Promozioni last minute. Troppe promozioni improvvisate sotto data e comunicate last minute, senza una vera pianificazione. Ciò non ha permesso ai consumatori più attenti di ricercare, scegliere e ponderare in anticipo i propri acquisti nel rispetto del proprio budget.

Inserzioni compulsive. Troppe iniziative sponsorizzate, tutte molto simili e nello stesso intervallo temporale, last minute, senza una precisa strategia e senza una coerente pianificazione. Trovare i prodotti giusti, al prezzo giusto, sul canale giusto, dal fornitore giusto non si è rivelato affatto semplice per il cliente finale.

Mail Marketing e Social Media fuori controllo. Una pioggia di email, newsletter e offerte troppo last minute, molto simili e soprattutto decisamente prive di personalità.

Retargeting estremo. Il Black Friday è finito ma la “caccia al cliente” continua in modo spasmodico e senza sosta. Diverse inserzioni sono rimaste “accese”, molto probabilmente a seguito di campagne “innescate” e gestite ancora una volta senza una precisa strategia.

PETformance dei siti web. Un numero imprecisato di vendite non è andato a segno a causa di siti lenti, sovraccarichi, in crash, con problemi nella delicata fase di pagamento.

Condizioni commerciali. Spesso non chiare le modalità di calcolo e applicazione delle spese di trasporto e di gestione reso. Ci siamo forse dimenticati delle buone abitudini: spese di trasporto e resi gratuiti?

Abbandono del carrello. Si contano con il “contagocce” le azioni proattive di recupero dei carrelli abbandonati, indicatore di mancanza di strategia, assenza di piani “B” e improvvisazione sul piano gestionale.

Mobile friendly. Difficoltà oggettiva ad utilizzare lo smartphone per processare gli acquisti. Molti siti targati “Made in Italy”  non sono ancora “friendly”, ovvero pensati e costruiti in ottica mobile, in particolare nella delicata fase di check out e pagamento.

Referral. Le promozioni non prevedevano link sconto condivisibili. Il vendor si è così perso la possibilità di generare nuove opportunità di vendita “sfruttando” in termini positivi il passaparola dei propri clienti per influenzare la decisione di acquisto di nuovi clienti.

Troppa fame di nuovi clienti e scarsa attenzione verso i clienti già acquisiti. Poche le condizioni davvero speciali per chi è già cliente. Nessun “osso” o premio davvero speciale per i clienti fedeli. In questo Black Friday i venditori hanno spesso manifestato una grande e imperdonabile lacuna, dimenticando che proprio l’indifferenza è la causa principale di abbandono del brand, senza menzionare il dato più ovvio:  acquisire nuovi clienti è molto più costoso che mantenere quelli esistenti.

Tecniche di vendita da mercato. Troppa scarsità, troppa urgenza, troppi timer, troppi conti alla rovescia. Alcuni venditori hanno pericolosamente urtato la sensibilità e l’intelligenza dei clienti più sofisticati trattandoli da “principianti”.

Livello di servizio e tempi di risposta. In questo Black Friday sembra che i negozi abbiano “fatto del loro meglio per esprimere il loro peggio”. Lentezza di risposta alle mail, difficoltà (o impossibilità) di contatto telefonico, inerzia sul canale social e (quasi) inesistenza del canale chat, a cui si aggiunge personale sotto stress e poco cortese sul canale fisico. Anche e FAQ si sono spesso dimostrate delle F**K (citazione anonima).

Andiamo ora a capire cosa avrebbero voluto i Pet Parents

In realtà le richieste dei genitori dei pets sono piuttosto semplici e comprensibili. Andiamo a scoprire le 4 richieste a 4 zampe più sensibili:

  1. Meno promesse e più fatti, niente “trappole per topi”, ma prezzi, sconti e condizioni commerciali più convenienti, trasparenti ed applicate in modo etico, responsabile e professionale.
  2. Possibilità di “acquistare bene facendo del bene”, trasferendo parte dello sconto a cause benefiche per il sostegno dei “pets meno fortunati”
  3. Meno massificazione e più personalizzazione, con la possibilità di scegliere in modo autonomo i prodotti ed i relativi sconti in funzione delle proprie esigenze ed interessi reali.
  4. Prodotti speciali o edizioni limitate, a condizioni di particolare favore, per i clienti fedeli al brand o al vendor.

Tiriamo le conclusioni dopo una settimana dal Black Friday

Sentirsi un target – definizione tipica del marketing tradizionale – non piace proprio a nessuno; sentirsi presi in giro ancor meno.

I Pet Parents hanno manifestato una certa insoddisfazione per questo Black Dog Friday ed hanno espresso disappunto per l’incapacità dei brand, di cui sono clienti, di ripagare nel “cosa”, nel “come” e nel “quanto”, la loro fedeltà.

Dove ci porterà il prossimo Black Dog Friday 2019 non sono in grado (almeno per il momento) di prevederlo. Una cosa però è certa: le aziende del settore Pet dovranno fare un grande balzo in avanti se vorranno ricavarsi uno spazio significativo in questo “evento animale” di portata planetaria.

E tu vuoi “giocare di anticipo” e trasformare il prossimo Black Dog Friday in una “Cash Cow”?

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